Non c'è giorno che passa in cui
quel vecchio non va in quella villa a guardare il passaggio delle persone che,
nella loro routine quotidiana , passano velocemente per recarsi ai loro
impegni. Lui, il vecchio, come unico impegno ha l'andare a trovare quella
panchina ogni giorno alle cinque del pomeriggio e non c'è causa o motivo che
gli faccia perdere quest'abitudine.
Ogni giorno alle cinque è lì.
Anche oggi che fa freddo e ogni tanto cade qualche goccia sulla sua testa è
seduto a guardare la gente e ogni tanto si perde nei meandri dei suoi ricordi
che lo riportano alle sue numerose primavere andate. Ricorda i giorni a lavoro,
i giorni con la sua amata sposa, che ormai l'ha lasciato da solo. Pensa anche
ai giorni in cui da ragazzetto andava girovagando per strada alla ricerca di un
po' di svago, ma più le primavere riaffiorano nella sua mente, più la
solitudine e la tristezza si fanno spazio in lui.
Accavalla le gambe e poggia un
braccio sulla sua panchina, quando guarda passare un giovane che gli ricorda il
lui di molti anni prima. L'osserva con attenzione e benché gli abiti siano
diversi dai suoi, in lui si riconosce. Riconosce il suo modo di camminare, quel
sorriso sul viso, quella luce negli occhi che sprigiona la voglia di arrivare,
di diventare qualcuno in questa società. Il vecchio si lascia scappare un
sorriso e il giovane si volta e lo guarda, con uno sguardo di pena per quel
vecchietto solo sulla panchina, e ricambia un sorriso che presto sarà passato
perché il cammino del giovane non si arresta.
Sono le cinque e trenta quando
dalla borsetta estrae un pezzo di pane e inizia a mangiarlo. Alcune briciole
cadono sulla panchina, ma lui non le sposta come se con quel gesto volesse
condividere il suo spuntino con la sua unica compagna. Stessa cosa avviene con
l'acqua di cui lascia cadere qualche gocciolina. - Torno subito - dice alla
panchina quando si alza per recarsi al cestino più vicino per gettare la carta
che avvolgeva il pane. Quando torna, accende un sigaro e tra un'aspirata e
l'altra ritorna a pensare e questa volta si sofferma al suo primo incontro con
la panchina. Era un giorno come oggi, faceva freddo e di tanto in tanto cadeva
qualche goccia sulla sua testa. Il vecchio era addolorato, perché solo pochi giorni
prima aveva perso la sua amata ed era uscito per non restare solo in quella
casa che per anni era stata la reggia dell'amore e che adesso era divenuta
reggia di solitudine e dolore. Era uscito dunque per respirare un po' di aria
fresca e quando fu di fronte a quella panchina ebbe un istinto quasi
inspiegabile di sedersi un po' lì e lo fece. Restò dalle cinque alle sei e da
quel giorno andò ogni pomeriggio lì. A quella panchina il vecchio il primo
giorno raccontò tutto il suo ultimo periodo di vita e si sentì ascoltato, così
come quando tornava dal lavoro e c'era Laura , sua moglie, ad ascoltarlo in
silenzio per non perdere neppure un solo particolare del racconto del suo
sposo, per poi, alla fine del resoconto, dirgli "dai non fare così, vedrai
domani andrà meglio", oppure " Hai visto, oggi è andata meglio".
Naturalmente la panca non poteva rispondere ai suoi racconti, e lui lo sapeva,
ma non voleva privarsi di sentirsi dire quelle frasi e quindi con un coltellino
le incise sul legno tinto di verde, in modo da sentirsi consolato.
Sono le sei ed è ora di rientrare
a casa, il vecchio si alza, si aggiusta il cappotto, si gira verso la panchina
e dice "Ciao Laura , ci vediamo domani" e si incamminò.
Un giorno , poi un altro alla fine è passato
un mese ma il
vecchio non l’ho visto più
sedersi sulla sua panchina sarà che adesso ha ritrovato la sua Laura..
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