Parole con il cuore

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mercoledì 27 novembre 2013

IL DIVERSO -Racconto



                                                                               Anteprima
 Il racconto di oggi è la storia di un ragazzo gay che vive la sua vita con molta sofferenza in un mondo fatto di pregiudizi che non accetta la sua diversità  .. le difficoltà nascono soprattutto con suo padre ex ufficiale  dell’Esercito un tipo dispotico  tutto di un pezzo chiuso in  una mentalità antica ,dove da molta importanza ai pregiudizi della gente  che all’esigenze del figlio … Con  questo mio racconto vorrei sensibilizzare il lettore ad una attenta considerazione sui diversi e i loro diritti..Nel  mio breve racconto  e i personaggi  sono  frutti  di fantasia ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti sono da ritenere di pura casualità ..Buona lettura 


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Non c’è giorno che passa senza  pensare a quello che realmente sono ,non c’è  momento nella vita che mi domando perché nessuno accetta la mia diversità. A volte non mi rendo conto come sia arrivato a provare certe sensazioni. Fino a  ieri ero un bambino che piaceva giocare e soddisfare l’affetto dei propri cari , cercando conforto nelle braccia di mio padre . Nei miei giochi molte volte mi travestivo con le robe di mia madre ,come era bello vedersi allo specchio con scarpe a tacchi alti e con  certe camicie di seta dal collo ricamato ,amavo vestirmi così ma senza farmi vedere dai miei. Amavo  soprattutto mio padre il suo modo d’essere autorevole ma allo stesso tempo buono e giocherellone. Quando arrivava  mi  prendeva sulle sue ginocchia  e mi  accarezzava i capelli ,come era bello sentire le sue gradi mani calde scivolare sulla mia testa mi sentivo protetto ed amato. A sedici anni  a diversità di tanti coetanei della mia età  che vanno pazzi per scazzottate e svaghi folli  io mi chiudevo nella mia timidezza trascinando dietro occhi dispregiativi  della gente,più di qualcuno non voleva che frequentassi il figlio, così preferivo stare a casa a leggere un libro che assorbire simili pregiudizi  .Mi chiamo  Andrea e sono alto 1.80 ,con fisico asciutto ben messo, capelli castano chiaro, ed occhi verdi  ,uno che quando cammini per strada si fa guardare . Frequento il terzo  anno di  liceo linguistico e  spero di andare all’università perché  vorrei diventare scrittore . Tanti miei coetanei hanno  già la ragazza io no! Non sentivo la necessità, per carità, non dico che non abbia voglia di scopare, perché non è la verità e la seghe che mi sparo al giorno ne sono una dimostrazione, però non so il perché, ma non ho mai creduto di poter avere al mio fianco una ragazza con cui dividere certe cose, anche perché non provavo attrazione per il sesso opposto e così mi sono dedicato allo sport. Sin da quando avevo tredici anni amavo ballare  danza classica ,anche se non credo di trasformare questa mia passione in una  carriera professionista .Mi sento benissimo quando sono insieme a tante miei amiche ballerine a condividere con loro l’entusiasmi nei loro discorsi . Penso proprio d’andare d’accordo perché sono come loro ,anzi una di loro. Una sera mio padre mentre cenavamo  mi domando perché non facessi come sport il calcio , risposi che non mi piaceva , lui con aria seccata  per la mia risposta mi disse:” Andrea – vorrei che la smettessi di andare a scuola di ballo –quello lo vedo adatto alla femminucce , un ragazzo come te dovrebbe avere uno sport più adeguato ed avere molte attenzioni per le ragazze .” Papà- risposi – non lascerò la scuola per un genere di sport che piace solo a te.
 Insomma !- rispose mio padre con un tono di voce alterato .- Non voglio che la frequenti più. Stai diventando lo zimbello del quartiere , non senti quello che dicono ?-
Adesso basta con i pregiudizi di merda! Io non la lascerò la danza ,e non sarai tu a farmi cambiare idea- .M’ alzai da tavola senza finire di cenare , nel voltarmi incrociai gli occhi di mia madre. Per la prima volta mi accorsi con quanta tenerezza e dolcezza mia madre mi guardava ,capi solo in quel momento che lei sapeva. Nei suoi occhi leggevo che non avrebbe mai smezzo di amarmi. Entrai  nella mia  camera sbattendo la porta e lasciandomi cadere  sul letto .Arrabbiato e confuso rimuginavo la discussione fatta poche ore prima..La notte arrivò mentre la mia mente mi rimproverava di non aver detto cosa veramente  pensavo e soprattutto  quello che realmente ero, mi addormentai con gli occhi pieni di lacrime .Nei miei numerosi ricordi ce  ne uno in particolare  che mi segno la vita .Un giorno tornando da scuola vidi  mia madre seduta sulla sedia  davanti alla finestra che si affacciava all’interno dell’edificio con  il viso rigato dalle  lacrime , chiesi cosa fosse successo , ma senza proferire parola mi abbraccio  in senso di protezione non capivo questo suo atteggiamento , ma poi mi accorsi di una  figura massiccia quella inconfondibile di  mio padre sarei riuscito a riconoscerlo anche ad un milio  di distanza . Spalle larghe , corpo massiccio, capelli rasati un portamento militare , fatto da duri addestramenti perché lui era un ufficiale dell’esercito .Notai il  uno guardo duro e  furioso ,sembrava un toro fumante. Sfilo la cintura dai passanti  dal pantalone indossato, una di quelle cinture militari con fibbia d’acciaio ed uno stemma delle forze armate    e  si scagliò su di me con una tale ferocia da non poter fiatare  colpendomi più  di una volta con la cintura . Mi colpiva e  mi gridava,-Di non aver avuto  un figlio  finocchio  .Mi avrebbe ammazzato se non fosse intervenuta mia madre ! Sentii un altro colpo violento che mi sfregiò la pelle sotto l’occhio, fu un grosso taglio  tanto che il sangue fuoriusciva a  zampilli . Corsi a rinchiudermi nella mia camera ,  echeggiando  le parole di mio padre “Finocchio “  ,ero ferito ed umiliato nell’anima non capivo perché  l’uomo che amavo tanto mi aveva picchiato  con una tale violenza da lasciarmi i segni per diversi giorni , non accettava la mia diversità. Fini conti sarei sempre stato suo figlio lo avrei sempre amato ,rispettato ,perché non poteva accettarmi per quello che ero?
Il giorno dopo mi alzai alla solita ora , mentre il sole filtrava tra le fessure della persiana. Era una giornata tiepida d’inizio ottobre e nelle sue prime ore il traffico caotico della città aveva preso il suo ritmo quotidiano, scuolabus con bambini a bordo, rombi di motori e clacson d’auto ,passanti , apri le tende guardando il gabbiotto del giornalaio di fronte .Era  aperto e Luca il giornalaio sistemava i notiziari del giorno .Tornai dentro e scorsi l’orologio segnava le sette e quindici minuti ,dovevo sbrigarmi   altrimenti avrei fatto tardi  a scuola .  La scelta del mio abbigliamento era sempre una scelta mitico logica,amavo abbinare i colori  del vestiario con gli accessori . Avevo uscito dal cassetto del comò una maglia rigata  dal colore marrone e rosa il un pantalone rosa antico . Le scarpe sarebbero state un mocassino marrone abbinato alla cintura, mi sembrava tutto perfetto ,mancava qualcosa si il tocco finale un po’ di fondo tinta e l’eau de parfum Chanel.Scesi le scale di casa ed usci dal grande portone e mi avviai  verso la scuola. Il liceo linguistico di A. Manzoni era un edificio ponente    posta al centro tra la via Tirana e la via Vallarsa, precisamente in Via Brunico.Spesso volentieri al mio arrivo venivo deriso dai miei compagni , accompagnato da innumerevoli  nomignoli  ,non ci facevo caso l’ ignoravo,lasciando che si beffassero di me alle mie spalle  . Quella mattina successe una cosa strana, mentre mi guardavo a destra e a manca mi scontrai con lui .
-Scusa non mi sono accorto di te-
Pure tu  sei nuovo ?- mi chiese come se quello che li avevo appena detto non lo avesse sentito.
No! –risposi- se vuoi posso accompagnarti .
 –certamente –sto cercando la terza E –
Ma tu guarda la combinazione io sono nella stessa classe, vieni con me!-  risposi .
Comunque io sono Andrea
Come? -Mi chiese
Mi chiamo Andrea Logi  e tu?
AH! Scusami sono Giorgio Bruni
Stai con me? Ci sediamo insieme? Anche perché non ho voglia di conoscere altra gente .Mi sento molto nervoso . Sai sono di Bergamo  ci siamo trasferiti  da poco a Varese   e praticamente non  conosco nessuno .
Certo !  Non preoccuparti -risposi  con aria soddisfatta per la richiesta .
Era la prima volta da quando frequentavo  il liceo che  qualcuno mi chiedesse  di sedersi con me. Quel ragazzino così schivo, con i capelli neri, occhi azzurri e fisicamente simile a me, ebbi  subito simpatia e forse anche un po’ di attrazione per lui  , inoltre neppure io avevo voglia di conoscere altra gente e se non fosse stato per quello scontro, neppure avrei cercato di conoscere lui. Entrammo in classe seguiti dagli sguardi dei  miei compagni che confabularono tra loro e ci sedemmo all’ultimo banco vicino alla finestra .da quel giorno rimanemmo insieme fino alla fine dell’  anno scolastico .Poi un bel giorno, Giorgio partì insieme ai sui genitori in un'altra città .. Mi lasciò senza un saluto e non seppi mai dove  andò a vivere. Io innamorato di lui  senza mai averlo  confessato  mi chiusi in me stesso cercando conforto in quello che i ricordi mi rammentavano .
                                     Dieci anni dopo -L’incontro
 Dopo quel episodio che mi segno la vita decisi di finire gli studi ,trovai un lavoretto come fotografo in una tipografia pubblicitaria, e con il modesto salario trovai  un monolocale ,con divisorio in cartongesso che separava la camera da letto dalla cucina . Il bagno era una sistemazione nello sgabuzzino . Tutto sommato ci stavo bene lo avevo  arredato  in stile etnico. Vivevo solo e per compagnia avevo il mio computer ,regalato da mia madre al mio ventiseiesimo compleanno.
Oggi,avrò  per la prima volta il mio primo incontro ,finalmente vedrò di presenza quel ragazzo che da più di tre mesi m’ accompagna nella mia vita tramite sms fatti su facebook e messaggini telefonici in cui un “buondì” rende davvero ottimo la mattina e il restante tempo del giorno. Sono molto emozionato .Lo conosciuto in chat di  cui fui  iscritto da due amici che non riuscivano più a sopportare la stato della mia  inerzia, infatti, non ero mai stato attratto da quei siti un po’ per timidezza e un po’ per paura ,anche perché non mi sentivo pronto a vivere veramente e serenamente  la “vita gay” a cui appartengo. Sapendo questa mia posizione gli amici decisero di iscrivermi  in secreto e, una volta fatto il fattaccio, mi comunicarono  la notizia. A questo punto trovatomi dentro, decisi di fare un giro nella mia pagina e vidi che molti ragazzi avevano lasciato diversi messaggi per me, decisi  di leggere qualcuno . Ci fu un messaggio che mi colpì molto   era stato scritto da  un ragazzo di  cui  il nome   era  Violetta.
“Ciao Andrea  ti trovo molto interessante, mi piacerebbe far parte delle tue amicizie questo è il mio indirizzo.. “(Violetta)
Non resistetti molto ero attratto ed affascinato dalla curiosità di sapere chi fosse. Digitai il suo indirizzo ed attesi che mi rispondesse .Passarono pochi minuti ed una finestrella mi segnalò che Violetta aveva accettato la mia richiesta d’amicizia. Bastarono poche diciture per incominciare la nostra conversazione   ,parlammo  per tutta la serata fino alle  prime luci dell’alba scambiandoci innumerevoli sms e il nostri corrispettivi numeri di cellulare. La mattina seguente ricevetti un sms con scritto “ Buondì dolce rosa del mattino” la tua amica Violetta,questi messaggi incominciarono ad essere frequenti ed abitudinari ,anche le rispettive telefonate erano divenute frequenti tanto da non poterne più farne a meno .Ogni momento era un ‘occasione per massaggiarlo o sentirlo , mi rendevo conto che  mi stavo innamorando.
Una mattina oltre al buondì stava scritto Ci vediamo domani alle 16 a piazza xx settembre per un caffè non tardare, io non tarderò .Baci Violetta” Il cuore prese a battere nel petto con una intensità mai provata prima ,stavo avendo un appuntamento
per nulla al mondo avrei  potuto dimenticare quella data, quell’ora, quel luogo, lo aspettavo da tempo, da tutta la vita forse. Spesso ed allungo ho aspettato che mi desse un  appuntamento ,il motivo di quest’attesa non è dovuto alla poca voglia di vedersi, bensì agli imprevisti. Infatti ogni volta che si fissava un appuntamento succedeva un qualcosa che faceva rinviare questo incontro. Ma questa volta nessun impedimento o imprevisto avrebbe rovinato i nostri piani, oggi solo lui e lui prima di tutto. Arrivai con un anticipo di cinque minuti cercando il bar mi accorsi che in quella pizza di bar n’ erano tre .Quale di questo era quello giusto? Accesi il mio cellulare e digitai il numero
-Pronto dove sei?- Io sono in piazza
Vieni Andrea sono dietro di te. Mi girai e per un attimo non credevo ai miei occhi avanti a me  c’era un ragazzo  snello e lanciato dai capelli  neri con occhi azzurri un tipo da far perdere la testa a chiunque Un viso ben rasato e curato con labbra carnose e sensuali   ma aveva qualcosa di   molto famigliare ,cercavo di capire dove lo avessi visto .Poi d’un tratto un flash .No! non ci credo tu sei  Giorgio 
Si –rispose spero che non rimani deluso
Ma che dici  sono sorpreso-non pensavo di incontrarti  ,poi scusa ma dici che ti chiami Violetta?
Violetta è la mia seconda identità -E’ da tanto tempo che volevo dirti , da quando sono partito che Ti amo  ma pesavo che tu non mi accettassi. Ora che tra te e me non ci sono più veli sono qui davanti a te a cuore aperto. 
Violetta  no !  Giorgio, il ragazzo compagno di scuola  che io ho amato e mai dimenticato , quello che se né andò via senza salutarmi , era innanzi a me con occhi pieni di lacrime e con una dichiarazione d’amore  . Per un istante non sapevo se abbraccialo o rimproverarlo , l’impulso  fece la sua parte , restammo seduti fino a tarda sera parlando  e condividendo ogni nostro sentimento .Quella notte dormì con lui e feci per la prima volta l’amore. Fu una sensazione bellissima mai provata , io e lui nudi  sullo stesso letto senza timore, senza vergognarsi ,vicini uno con l’altro amandoci con il desideri di chi vuole amare .Da quella notte tutte le notti dormivamo insieme tanto da decidere di vivere nella stessa casa .
Arrivò il giorno in cui dovevo presentare a mio padre Giorgio .Sapevo con certezza cosa avrebbe detto
. Mi feci coraggio e con il mio compagno mi recai a casa dei miei
Lui non sapeva chi fosse realmente Giorgio e ne che vivessi con lui ,al contrario di mia madre che venne lei stessa a conoscerlo nella nostra nuova casa .Suonai il campanello ad aprire  fu  mia madre, nel vederci ci abbraccio entrambi  .Fu un abbracci forte e caloroso mi sentivo molto protetto come quando ero bambino .Mi accompagnò davanti alla porta del salotto e sottovoce disse sta seduto nella sua solita poltrona leggere il giornale.,La poltrona di pelle verde con bottoni ai manici  lo rendevano più autorevole di quando lo lasciai l’ultima volta. Mi toccai con le dita la vecchia ferita sotto l’occhio rivivendo per un attimo quello spiacevole episodio  Al sol ricordo mi prese  un magone allo stomaco  tanto da  farmi venire il cuore in gola .Avevo un certo affanno  e con mano tremante .entrai chiudendo la porta alle mie spalle . Con un filo di  voce salutai  –ciao  papà-
Mio padre rimase lì fermo  immobile con il giornale aperto tra le mani  come se non mi avesse sentito , poi con un gesto deciso abbassò il giornale  scrutandomi come un felino dalla testa ai piedi .-Era invecchiato aveva i baffi bianchi e numerose rughe sul viso ,ma il suo atteggiamento austero non l’ aveva perso  .-
Sei  finalmente tornato- mi rispose senza alzarsi dalla poltrona per salutarmi, come avrebbe fatto qualunque padre nel rivedere il proprio figlio.
-Si – risposi -sono tornato per farti conoscere una persona -
Ah! Sarebbe la tua compagna o  la tua puttana  –Giusto?
Cosa dovrei dire ! Bravo figliolo hai trovato una bella donna ,o meglio  un uomo ,no forse  un gay- e così che si dice vero? Perché Frocio è volgare!   E perché non invece finocchio  o  checca?

Mi sentivo ferito da quelle parole oltre ad essere sorpreso ma decisi di continuare a parlare.
-Papà sono cosciente che tu non la vedi e che non l’hai mai vista come io vorrei ,ma devi accettarmi per quello che sono. Che differenza fa se è uno è del mio stesso sesso oppure no, quello che conta è quello che provo io sono innamorato ,amo Giorgio come tu ami mamma , i tempi sono cambiati,non vederla come una malattia.–
-Devo accettare che sei gay? Ho un figlio gay? No ! non voglio non sai quanta vergogna possa provare – Tu! mio figlio , che speravo in un futuro diverso  , sposato con una Donna..Dico femmina!! e  con figli ,vieni qui dopo tanti anni a dirmi che devo accettarti come sei ?Preferisco sapere che tu sia morto ma non sapere che io ho un figlio gay.. vai via  e non farti più vedere.. Io non ti conosco —
Si lasciò cadere sulla vecchia poltrona sfinito con le mani sul viso ,gettando da una parte il giornale.
Usci da quella stanza inorridito guardando negli occhi Giorgio che senza parole attendeva in cucina ,mia  madre capi tutto e  non disse niente, abbasso gli occhi  in uno sguardo incupito di dolore  prese la mia mano e poi quella di Giorgio ed in silenzio ci diede la sua  benedizione contro il volere  di mio padre .  Uscimmo dalla casa dei miei senza  voltarci indietro, sapevo che mio padre ci  stava guardando  da dietro la tenda della finestra, sentivo la sua presenza in brividi che mi correvano lungo la schiena .
Da quel giorno non  lo rividi più .Io e Giorgio continuiamo a stare  insieme ed a vivere nello stesso tetto amandoci ogni giorno come fosse il primo .La danza è divenuta una parte di me tanto che insegno in una scuola facendo coreografie per spettacoli televisivi.
 

IL VECCHIO E LA PANCHINA -racconto



Non c'è giorno che passa in cui quel vecchio non va in quella villa a guardare il passaggio delle persone che, nella loro routine quotidiana , passano velocemente per recarsi ai loro impegni. Lui, il vecchio, come unico impegno ha l'andare a trovare quella panchina ogni giorno alle cinque del pomeriggio e non c'è causa o motivo che gli faccia perdere quest'abitudine.
Ogni giorno alle cinque è lì. Anche oggi che fa freddo e ogni tanto cade qualche goccia sulla sua testa è seduto a guardare la gente e ogni tanto si perde nei meandri dei suoi ricordi che lo riportano alle sue numerose primavere andate. Ricorda i giorni a lavoro, i giorni con la sua amata sposa, che ormai l'ha lasciato da solo. Pensa anche ai giorni in cui da ragazzetto andava girovagando per strada alla ricerca di un po' di svago, ma più le primavere riaffiorano nella sua mente, più la solitudine e la tristezza si fanno spazio in lui.
Accavalla le gambe e poggia un braccio sulla sua panchina, quando guarda passare un giovane che gli ricorda il lui di molti anni prima. L'osserva con attenzione e benché gli abiti siano diversi dai suoi, in lui si riconosce. Riconosce il suo modo di camminare, quel sorriso sul viso, quella luce negli occhi che sprigiona la voglia di arrivare, di diventare qualcuno in questa società. Il vecchio si lascia scappare un sorriso e il giovane si volta e lo guarda, con uno sguardo di pena per quel vecchietto solo sulla panchina, e ricambia un sorriso che presto sarà passato perché il cammino del giovane non si arresta.
Sono le cinque e trenta quando dalla borsetta estrae un pezzo di pane e inizia a mangiarlo. Alcune briciole cadono sulla panchina, ma lui non le sposta come se con quel gesto volesse condividere il suo spuntino con la sua unica compagna. Stessa cosa avviene con l'acqua di cui lascia cadere qualche gocciolina. - Torno subito - dice alla panchina quando si alza per recarsi al cestino più vicino per gettare la carta che avvolgeva il pane. Quando torna, accende un sigaro e tra un'aspirata e l'altra ritorna a pensare e questa volta si sofferma al suo primo incontro con la panchina. Era un giorno come oggi, faceva freddo e di tanto in tanto cadeva qualche goccia sulla sua testa. Il vecchio era addolorato, perché solo pochi giorni prima aveva perso la sua amata ed era uscito per non restare solo in quella casa che per anni era stata la reggia dell'amore e che adesso era divenuta reggia di solitudine e dolore. Era uscito dunque per respirare un po' di aria fresca e quando fu di fronte a quella panchina ebbe un istinto quasi inspiegabile di sedersi un po' lì e lo fece. Restò dalle cinque alle sei e da quel giorno andò ogni pomeriggio lì. A quella panchina il vecchio il primo giorno raccontò tutto il suo ultimo periodo di vita e si sentì ascoltato, così come quando tornava dal lavoro e c'era Laura , sua moglie, ad ascoltarlo in silenzio per non perdere neppure un solo particolare del racconto del suo sposo, per poi, alla fine del resoconto, dirgli "dai non fare così, vedrai domani andrà meglio", oppure " Hai visto, oggi è andata meglio". Naturalmente la panca non poteva rispondere ai suoi racconti, e lui lo sapeva, ma non voleva privarsi di sentirsi dire quelle frasi e quindi con un coltellino le incise sul legno tinto di verde, in modo da sentirsi consolato.
Sono le sei ed è ora di rientrare a casa, il vecchio si alza, si aggiusta il cappotto, si gira verso la panchina e dice "Ciao Laura , ci vediamo domani" e si incamminò.
 Un giorno , poi un altro alla fine è passato un mese  ma  il  vecchio non  l’ho visto  più  sedersi sulla sua panchina sarà che adesso ha ritrovato la sua Laura..





Il primo amore non si scorda mai -racconto



Vagavo senza meta lungo una strada larga e deserta. Non ero triste, ma neppure allegra. Sentivo soltanto un vuoto dentro a cui non sapevo dare una ragione e non riuscivo a capire da cosa fosse generato. Mi sentivo solamente priva di un qualcosa, ma non sapevo cosa.
Benché la pioggia da poco avesse smesso di scontrarsi contro la mia testa, le sue gocce erano ancora sulla strada dando vita a piccole pozzanghere. Continuavo il mio cammino, tenendo il capo abbassato e guardando l’asfalto sotto i miei piedi, quando fui colpita dal riflesso generato da una delle tante chiazze d’acqua. In essa, infatti, c'era un arcobaleno che risplendeva e soffermandomi a guardarne i colori, rimasi scioccata nel guardare la mia immagine, non certo per presunzione, ma per il semplice fatto che vidi uscire dalle mie spalle una sola ala tutta bianca, una di quelle ali che hanno solo gli angeli . Sì, proprio così, una sola ala. Non riuscivo a capire come mai.. di solito le ali sono due e io invece ne avevo una, come era possibile? Alzai lo sguardo dalla pozzanghera per poi ricalarlo, ma niente, l'ala era lì e sempre sola.
Ripresi a camminare senza distogliere i miei pensieri da ciò che avevo da poco visto. Vidi un'altra pozza d'acqua e mi ci rispecchiai. La stessa visione. Sempre  una sola ala. Continuai il cammino per arrestarmi  subito alla pozza seguente e la visione era sempre la stessa. Ero incredula e forse per questo volsi lo sguardo al cielo, come se volessi avere una  risposta da qualcuno, ma chi poi? da Dio? o forse da un angelo?  Ma il mio stupore continuò a crescere quando, tornando a guardare la strada, vidi che le ali erano diventate due. Sì proprio così, due ali, ma il mio stupore non svanì, bensì aumentò nel vedere che le due ali non erano mie. Solo una apparteneva a me, l'altra apparteneva a un ragazzo dai tratti delicati, occhi belli da benedire, sorriso puro e sensibile, che mi disse:
- Sei tu!
- Che vuoi dire? - chiesi, mentre una strano benessere avvolgeva tutto il mio corpo.
- Sei tu  la mia ala perduta. Eravamo  insieme  nella nostra vita passata, ma un giorno senza un perché ci siamo persi. Tuttavia questo perdesi era destinato a svanire e noi ci saremmo ritrovati un giorno. Adesso quel giorno è arrivato.
Quelle parole fecero aprire in me una voragine nei miei ricordi portandomi a vedere i momenti accanto alla mia ala, accanto a quel ragazzo che possedeva l'altra parte di me, e ricordai tutto.
- Amore, sei tu?
- Sì sono io - detto questo si avvicinò e stringendomi a sé, afferrò la mano e iniziammo a volare verso il cielo che ci avrebbe ospitato nel suo infinito azzurro per tutta l'eternità senza mai più separarci .
Questa storia è una favola fantasiosa  con un insegnamento ,la  nostra vita potrà cambiare in meglio o in peggio solo se noi  lo vogliamo , in questo caso è il ritrovamento di un amore perduto ma mai dimenticato .
Il primo amore non si scorda mai .